Domani 3 novembre dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri il decreto attuativo della delega fiscale, che riguarda il settore del gioco d’azzardo e stabilisce i criteri per il rinnovo delle gare.
In tutto il decreto si continua a parlare di “gioco pubblico” e di “ludopatia”, mentre sarebbe corretto usare i termini “gioco d’azzardo” e “disturbo da gioco d’azzardo”.
Il decreto, si afferma, intende incentivare e rafforzare la lotta alla “ludopatia”, ma le otto misure individuate, facendo riferimento quasi esclusivamente al gioco “responsabile”, oltre a proporre una lettura della patologia che rimanda alla responsabilità del giocatore, rischiano di essere inefficaci in assenza di una legge quadro nazionale che normi il settore riducendo l’offerta. Sappiamo dell’efficacia assolutamente parziale di campagne pubblicitarie sui consumi responsabili, e della difficoltà di riconoscere e identificare i problemi nei soggetti a rischio, non solo in coloro che già abbiano sviluppato dipendenza.
Ma ancora di più preoccupa che sia prevista la possibilità di iscriversi, al prezzo di 50 euro annuì, ad una sorta di albo istituito presso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli per cui saranno abilitati a offrire gioco d’azzardo non solo gli esercizi con licenza specifica, ma anche bar, ristoranti, alberghi, edicole, tabaccherie… il rischio vero è quello di una proliferazione di punti gioco, privi di concessione specifica, che aumenterà di fatto, e molto, l’offerta. E con questo le dichiarazioni di contrasto alla “ludopatia” saranno solo l’ennesimo esercizio di ipocrisia che riscontriamo spesso quando ci si riferisce al gioco d’azzardo.
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Mariano Bottaccio
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